Trilogia degli occhiali

Teatro

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Stagione di Prosa
Tendenze Prosa

Martedì 12 e mercoledì 13 febbraio il palcoscenico del Teatro “Cuminetti” ospiterà «Trilogia degli occhiali», tre atti unici della commediografa siciliana Emma Dante, che ha anche firmato la regia dello spettacolo. Si tratta di un nuovo appuntamento con la rassegna “Tendenze Prosa” che arricchisce la Stagione del Centro S. Chiara con spettacoli che fanno riferimento alla drammaturgia contemporanea

Compagnia Emma Dante
Trilogia degli occhiali
di Emma Dante
regia Emma Dante
con Carmine Maringola – Claudia Benassi, Stephanie Taillandier, Onofrio Zummo, Sabino Civilleri, Manuela Lo Sicco
luci Cristina Fresia

Opera vulcanica, dolce e paradossale, Trilogia degli occhiali ci parla della nostra capacità (o incapacità) di vedere. Sono tre spettacoli autonomi, eppure legati, per rappresentare i temi della povertà, della malattia e della vecchiaia.
In Acquasanta un mendicante rievoca la sua vita da marinaio, ancorato alla prua di una nave immaginaria.
Il castello della Zisa è la storia di un ragazzo down che in sogno si convince di dover difendere il castello (che vede dalla finestra) dove è rinchiusa la sua infanzia.
Ballarini è invece la storia di due vecchi che, sulle note di vecchie canzoni, rivivono a ritroso la loro storia d’amore.

Acquasanta
testo e regia Emma Dante
con Carmine Maringol
“Aggio visto a barriera corallina… e ‘u sole dirimpetto alla luna ca si lanciavano i raggi, li annodavano e li facevano scennere dintra ‘o mare… aggio visto ‘o mare ca pigliava colore… e un pesce spada ca teneva due spade… e ‘na medusa gigantesca ca s’arravugliava nei raggi d’o sole e d’a luna…. e ‘o pesce palla ca dintra d’isso teneva futuro e passato… aggio visto il polipo arlecchino coi tentacoli ‘i tutti ‘i colori e i pisci tropicali ca ci ballavano sopra e sotto… e il Cristo di Rio, aggio visto, ca si tuffava dal Corcovado, a petto ‘i palomma…. aggio visto l’atro lato d’o munnu…. ‘o Giappone, a ro steveno ‘i pisci cu l’occhi a mandorla…. e un galeone di tre secoli fa, chino ‘i gente che ballava e che cantava i canzoni ‘i n’a vota… e n’iceberg…. enorme… ca si scioglieva in lacrime di cristallo, dintra all’abisso d’o mare….”

Un uomo si ancora sul palcoscenico, a prua di una nave immaginaria. Sta. Esperto nel manovrare gli ingranaggi che muovono la nave, ‘o Spicchiato si salva dalla finta burrasca che mette in scena per rievocare i ricordi della sua vita di mozzo. È imbarcato dall’età di 15 anni e da allora non scende dalla nave. Non crede alla terraferma, per lui è ‘n’illusione. Sopra la sua testa pende il tempo del ricordo: una trentina di contaminati ticchettìano inesorabili. Poi suonano e tutto tace. Il mare smette di respirare e ‘o Spicchiato rivive l’abbandono. Un giorno la nave salpa senza di lui, lasciandolo solo e povero sul molo di un paese straniero: la terraferma. Proprio lui che giù dalla nave si sente perso, che ha votato la sua vita alla navigazione, che giorno e notte ha bisogno di parlare con il suo unico grande amore: il mare. Le voci della ciurma, del capitano, gli rimbombano nella testa e ‘o Spicchiato, cantastorie, tira i fili dei suoi pupi. Ma a forza di aspettare, il mozzo, diventa di legno come polena di un vecchio galeone.
Emma Dante

Il castello della Zisa
testo e regia Emma Dante
con Claudia Benassi, Stéphanie Taillandier, Onofrio Zummo
Nicola ha gli occhi aperti ma non vede. Vive in un istituto assistito da due donne. La giovane e quella più anziana, tra una preghiera e l’altra lo puliscono, lo sfamano, lo rimproverano e lo stimolano con alcuni giocattoli, lanciandogli palle, palline e hula hoop. In uno stato catatonico, Nicola sta seduto su una piccola sedia, da quando, bambino, fu strappato alla zia dal quartiere popolare della Zisa dove viveva davanti a un favoloso castello... in quel castello è rinchiusa la sua infanzia, la sua spensieratezza… dalla mattina alla sera davanti alla finestra se ne stava a contare i diavoli appollaiati sul tetto e a difendere il castello che di notte diventava d’argento cu tutti ‘i stedduzzi che ci facevano da coroncina. Ma un giorno, Nicola, guardiano del castello con la maschera di drago e i guanti di artigli, viene spodestato. Allora s’incanta, per sempre. Siamo noi che gli vediamo alzare gli occhi al cielo, emettere un urlo, quell’urlo imprigionato nel suo corpo, siamo noi che lo sentiamo parlare, raccontare, accendersi di passione. Dura il tempo di un fiammifero questo nostro risveglio.
Emma Dante

Ballarini
testo e regia Emma Dante
con Sabino Civilleri, Manuela lo Sicco
n una stanza, una vecchia donna è china su un baule aperto. Si alza con in mano una spina elettrica e una presa; non appena le collega sopra la sua testa si accende il firmamento. Da un altro baule appare un uomo vecchio che la guarda e le sorride amoroso. Lui si avvicina a lei. Lei l’aiuta a indossare la giacca di un vecchio abito da cerimonia. Ballano. Lui con la testa poggiata sulla spalla di lei. Lei aggrappata alla giacca di lui. Si baciano. Lui la tocca. Lei si fa toccare. Lui le strofina la coscia con una gamba. Lei gli tiene la gamba per non fargli perdere l’equilibrio. Lui si sbottona la giacca e poi la patta dei pantaloni. La stringe a sé. Ha un orgasmo. Lei si soffia il naso e si gratta la coscia. Lui estrae dalla giacca un orologio da taschino: meno 5… meno 4… meno 3… meno 2… meno 1… al rintocco della mezzanotte lui fa scoppiare un piccolo petardo. Lui e lei si baciano. Lui infila la mano in tasca ed estrae una manciata di coriandoli. Li lancia in aria, festoso. La guarda. Lei lo guarda: “tanti auguri, amore mio.” Lui da un baule tira fuori una bottiglia di spumante. Lei dall’altro baule estrae un velo da sposa e se lo appoggia sulla testa, poi fa suonare un vecchio carillon. Si tolgono la maschera da vecchi, inforcano gli occhiali e riprendono a ballare. Sulle note di vecchie canzoni lui e lei festeggiano l’arrivo di un nuovo anno ballando a ritroso la loro storia d’amore.
Emma Dante


organizzazione: Centro Servizi Culturali S. Chiara