UNTITLED: An Insight on US Art on Paper

Mostra

La maggior parte delle opere su carta è “senza titolo”. Talvolta si tratta di semplici disegni preparatori, bozzetti o schizzi da cui scaturiranno capolavori, tra l'altro le opere su carta offrono esaustivi spaccati di una produzione artistica, o coprono interi cicli.

Alcuni artisti lavorano solo su carta, o meglio, con la carta, a partire dalla sua preparazione; la carta si trasforma, interagisce con altri medium e altra carta dando vita a ricchi collages dove sfondo e soggetto diventano tutt’uno.

La carta è stata la materia più frequente nel lavoro di Donald Baechler, uno degli artisti di punta della scuderia della galleria di mio padre Giordano, lo Studio d’Arte Raffaelli.

Lì nel 2011 ho curato la mia prima mostra, “Spaghetti and Beachballs”, con le opere degli allievi-assistenti del grande artista, allora poco più che emergenti. E’ stato grazie ad alcuni di loro che ho sviluppato, in anni di viaggi negli Stati Uniti - soprattutto a New York - conoscenze e relazioni con artisti con cui oggi lavoro nella mia galleria Cellar Contemporary.

Fin dall’apertura ho voluto che il lavoro dei giovani artisti americani della generazione successiva ai grandi “9 NEW YORK” con cui lavora e ha lavorato mio padre caratterizzasse fortemente la linea espositiva di Cellar Contemporary. Non a caso la prima mostra inaugurata in galleria, alla fine del 2016, è stata una personale di Joe Grillo, in cui quasi tutte le opere erano su carta, ed erano senza titolo.

Il mondo contemporaneo permette di tenere senza fatica i contatti oltreoceano, tramite social network e Whatsapp ho aggiornamenti praticamente quotidiani da parte degli artisti americani. Ma è stato grazie agli studio visit personali a New York, alla condivisione diretta e senza filtri di esperienze talvolta ai limiti dell’assurdo, alla partecipazione agli opening delle loro mostre in gallerie internazionali, che ho raccolto, dal 2019 - quando per la prima volta ho concepito l’idea di una mostra legata agli artisti americani e alle loro opere su carta - tutti i lavori che danno vita a “Untitled”. Difficile anche dare un titolo a una mostra così variegata e composita, pur restando coerente il medium utilizzato, per la selezione di artisti cresciuti professionalmente insieme - e in parallelo alla crescita della galleria - ma provenienti da percorsi personali profondamente diversi.

L’aspetto che non finisce di sorprendermi, tuttavia, è il filo che collega gli artisti tra loro, e in qualche modo anche agli artisti più established. Primo tra tutti, appunto, Donald Baechler è stato un maestro per Brian Belott, Freddy Leiva e Lance De Los Reyes; Bast e Austin Eddy erano suoi grandi ammiratori.

La parabola artistica di Lance e di Bast si è sviluppata in modo simile, partendo dalla Street Art, quella “vera” e rischiosa della Brooklyn di fine anni Novanta. In qualche modo “Untitled” è anche un omaggio a loro, e alla loro prematura scomparsa, che è stata ricordata anche da artisti superstar come Bansky e Obey.

Entrambi gravitavano intorno alla Fuse Gallery di Erik Foss, che ha sempre promosso e sostenuto il loro lavoro. Artista lui stesso, dopo anni dedicati a supportare gli artisti a lui affini, Erik Foss sta oggi emergendo con un suo personale percorso artistico, forte delle esperienze maturate nella cerchia del critico Carlo McCormick e di altre incredibili personalità entrate in contatto con la sua galleria.

Funziona così, a New York: artisti e galleristi creano relazioni con altri artisti e altri galleristi, concetti come invidia e concorrenza non hanno motivo di esistere, anzi, rimane comune l’obiettivo di far circolare le opere e i movimenti, creando nuovi legami e contaminazioni. Per esempio, grazie a un altro grande artista naturalizzato americano legato allo Studio d’Arte Raffaelli, Francesco Clemente, abbiamo avviato le collaborazioni con la giovanissima artista indiana Priya Kishore - sua allieva-assistente - e Adam Green, musicista, regista del visionario mediometraggio “Aladdin” e artista, per chiudere il cerchio, grande amico di Joe Grillo.

L’altra voce femminile accanto alle delicate opere di Priya è quella, forse più graffiante, ma non per questo meno poetica, di Anna Dare De Los Reyes, ipnotica moglie-musa di Lance de Los Reyes, che seguendo la linea del suo maestro e compagno di vita, lavora su una densa mitologia di demoni buoni.

Con “Untitled”, dal 2019 a un presente in continuo work in progress, pongo un nuovo punto - dopo Spaghetti and Beachballs - anche sul mio percorso di gallerista e talent scout; da quando ho iniziato questa ricerca molte cose sono cambiate. Alcuni degli artisti non ci sono più, e sono entrati in un irraggiungibile Olimpo di cui hanno segnato un pezzo di storia; altri artisti sono ancora emergenti; altri ancora, come per esempio Austin Eddy, hanno raddoppiato le loro quotazioni.

Mi auguro che tutto questo prosegua a lungo, senza la necessità di dargli un titolo.