Una tazza di cioccolata calda
Giorno della Memoria
Club Armonia
Una tazza di cioccolata calda
regia di Renzo Fracalossi
Una tazza di cioccolata calda è una particolare drammaturgia, pensata e redatta in primo luogo per e con ragazzi, frutto di una lunga collaborazione fra Rosanna Ravagni, insegnante dell'Istituto "F. Bonporti" di Trento e Renzo Fracalossi, autore e regista con all'attivo ormai parecchi allestimenti attorno alla Memoria della Shoah, oltreché della storia locale, nazionale ed europea.
Una tazza di cioccolata calda raccoglie le tracce di una dolente e dolorosa letteratura adolescenziale nata e sviluppatasi appunto all'interno del Ghetto di Terezin / Theresienstadt negli anni correnti fra il 1942 e il 1945. Come noto Terezin, ovvero "la città che Hitler regalò agli ebrei", secondo la propaganda nazista dell'epoca, era null'altro che un'antica e mai utilizzata fortezza asburgica, posta nel cuore della Boemia, accanto a un piccolo borgo. I nazisti, dopo l'annessione della Cecoslovacchia, ne fanno dapprima un carcere e poi un "Ghetto modello", da esibire ad esempio agli ispettori della Croce Rossa Internazionale, a dimostrazione dell'"umanità della battaglia antigiudaica condotta dal nazionalsocialismo". E così la vecchia "Festug" teresiana diventa un Campo di Transito, dove si raccoglie via via quell'élite ebraica che non può essere, per ovvi motivi di immagine, trattata alla stregua degli "Untermenschen" degli Stethl ebraici polacchi, lituani e ucraini. A Terezin quindi trovano "ospitalità" illustri cattedratici, pittori, musicisti, attori e in genere la parte eminente dell'"intellighentsjia" ebraico-tedesca, ivi compresi i decorati e gli eroi della Prima guerra mondiale che avevano combattuto con onore fra le fila dell'esercito del Kaiser Guglielmo II. Accanto a costoro, infine, i bambini e i ragazzi, cioè quei soggetti per i quali meno facile, sotto il profilo emotivo e dell'immagine, poteva essere l'applicazione della "Endlösung der Jüdenfrage", voluta dai vertici SS, pianificata nel quadro organizzativo della Conferenza del Wannsee e realizzata poi nei molti "Vernichtungs Lager" sparsi per l'Europa centrorientale.
Una tazza di cioccolata calda è quindi composta dalla memoria scritta in prosa e in poesia da quei ragazzi, spariti poi nel venefico gorgo dello Ziklon B; una memoria nutrita anche dalle preziose costruzioni musicali che professionisti e artisti di chiara fama, come Hans Krasa e Ilse Weber, ebbero a comporre per i ragazzi di Terezin, con lo scopo didattico di trasmettere loro la tradizione musicale popolare dell'Ebraismo europeo e di utilizzare, al contempo, la musica e l'impegno nell'eseguirla per il pubblico come un antidoto potente al dolore, allo spaesamento e a tutte le sensazioni pesanti che calavano su quei ragazzi al loro arrivo nel sovraffollato Ghetto boemo. Accanto ai ragazzi due tragiche figure adulte, affidate ad attori del Club Armonia, come quelle del Secondo Decano del Ghetto Benjamin Murmelstein, uno dei pochi sopravvissuti alla tragedia, e di Anna Loewenthal, un'insegnante capace di rendere meno duro, attraverso la didattica e la cultura, il destino delle migliaia di ragazzi e di bambini transitati per Theresienstadt e sparita anch'essa ad Auschwitz.
Una tazza di cioccolata calda è un atto unico, dove parola e suono si intrecciano di continuo, per produrre, non tanto una narrazione enfatica e tesa alla ricerca di inutili commozioni, bensì un semplice e perciò potente racconto di cosa è stato e di come quegli accadimenti venivano visti attraverso gli occhi dei piccoli e anonimi protagonisti del dramma. È questa, d'altronde, una modalità necessaria anche per far comprendere ai giovani interpreti il valore straordinario di ciò a cui stanno offrendo voce e canto, in un percorso che, sperabilmente, possa lasciare un segno indelebile nelle loro coscienze e in quelle dei loro coetanei affinché il "mostro" razzista e antisemita non abbia veramente a risvegliarsi più, in Europa come altrove.