Urfaust
Stagione di Prosa 2005/2006
Teatro Stabile di Genova / Teatro Stabile del Veneto "Carlo Goldoni"
con la collaborazione del Festival di Borgio Verezzi
Urfaust
di Johann Wolfgang Goethe
traduzione di Giovanna V.Amoretti
con Ugo Pagliai, Ivan Castiglione, Paola Gassman e Kati Markkanen
regia Andrea Liberovici
scene Paolo Giacchero
costumi Silvia Aymonino
luci Sandro Sussi
Rivisitazione dell'Urfaust di Goethe (prima stesura giovanile del suo fondamentale poema drammatico), per la regia di Andrea Liberovici e con l'interpretazione nei ruoli protagonistici di Ugo Pagliai (Faust), Paola Gassman (Marta), Ivan Castiglione (Mefistofele) e l'esordiente Kati Markkanen (Margherita).
Lo spettacolo, seguendo il filone inaugurato con grande fortuna dallo stesso Liberovici con Candido tratto da Voltaire, si avvale di un mix di prosa, musica e apporti multimediali.
Con Urfaust Andrea Liberovici sperimenta un percorso di traduzione dal romanticismo tedesco alla sensibilità del presente. La scena conterrà di base due elementi: un grande teatrino di marionette come studio ed ambiente generale di Faust ed un fondale neutro, che servirà ad accogliere immagini e altri personaggi questa volta virtuali. Si tratterà di una sorta di teatro-film-opera musicale-racconto che tende a inseguire ancora una volta il romanticissimo sogno tedesco.
Alla vigilia dell'inizio delle prove dello spettacolo che debutterà al Festival di Borgio Verezzi l8 luglio, con repliche il 9 e il 10, e verrà poi ripreso nella stagione 2005-2006, annota Andrea Liberovici:
"Faust, dal mio punto di vista, è un uomo, non una creazione della fantasia, e come tale ha scelto un suo percorso di conoscenza. Apparente perché di fatto lo studio, ovvero la ragione della sua vita prima dell'incontro con Mefistofele, lo mantiene, e in qualche modo lo tutela, dal reale.
Anche se ovviamente la qualità delle informazioni apprese è diversa, non credo ci sia differenza nel meccanismo psicologico che spinge l'intellettuale a passare la sua vita tra i libri e l'uomo che la fa passare davanti ad un televisore. Ognuno di noi sceglie più o meno liberamente la propria anestesia travestendola consciamente o meno da passione e da assoluta verità fino al giorno in cui non appare, come "incidente" nel nostro mondo, Mefistofele.
Da uomo laico non ho mai creduto al diavolo. credo invece nell'incognita che può distruggere e trasformare le nostre "passioni" e convinzioni legata al mistero del vivere che cerchiamo costantemente di rimuovere o sondare attraverso la logica.
Questa incognita che, a seconda di come siamo fatti, si manifesta ad un certo punto della nostra vita, questo appuntamento a cui sappiamo di doverci recare prima o poi, altro non è che un appuntamento con la parte di noi stessi meno sconosciuta.
Per questa ragione Mefistofele, nella mia idea, è il doppio di Faust. E' Faust giovane, il Faust rimosso da Faust stesso. E' il Faust che trascina Faust fuori dal suo studio e lo precipita nella passione e nella ricerca del senso del vivere attraverso il confronto con la vita e non con la sua sublimazione. Margherita diventa di conseguenza strumento utilizzato da Faust per accedere alla conoscenza della sua stessa fragilità. L'amore, come spesso accade non è altro che il ritrovamento di uno specchio in cui guardarsi.
Faust osserva il suo candore perduto e, straziato dalla visione di questa perdita, lo uccide. In tutto questo percorso di conoscenza Marta è in qualche modo il senso comune, il ventre, la generatrice del secondo incontro su cui si sviluppa il pilot.
Marta è l'oggettivo, la terra, il visibile, come la Lattaia di Vermeer è illuminata da una luce incontaminata e limpida, non c'è nessun problema di rimozione del reale in lei, fa la sua lotta attraverso le avversità della vita semplicemente accettandole ed affrontandole
come una piccola foglia."
Andrea Liberovici
organizzazione: Centro Servizi Culturali S. Chiara