Menocchio

Film di Alberto Fasulo

L’immagine sorniona in testa al pezzullo che state leggendo è quella del nostro collega Roberto Dellai, addobbato di panni vescovili e intento a pavoneggiarsi sul set del film Menocchio. Il regista, Alberto Fasulo, sarà presente alla proiezione del film il 15 novembre alle ore 19 (Cinema Modena di Trento) e il 16 novembre alle 21 (Auditorium Melotti di Rovereto).

Il 28 settembre del 1583 il mugnaio Domenico Scandella (“Menocchio”), già podestà del paese friulano di Montereale Valcellina e delle pievi circonvicine, fu denunciato al Sant’Uffizio quale propagatore d’idee eretiche e sediziose. Stando all’anonima segnalazione, il rumore delle macine avrebbe protetto le riunioni d’una congrega di seguaci in forte odore d’anabattismo, ai quali Menocchio andava dispensando le sue opinioni eterodosse sui sacramenti, sulla Chiesa e sulla stessa natura divina di Cristo. Prontamente tradotto davanti agli inquirenti, Menocchio parve fin troppo lieto di confermare i loro peggiori sospetti, riuscendo però nel contempo (e a propria insaputa) a disorientarli. Se, infatti, alcune delle teorie esposte da Menocchio al collegio giudicante potevano essere ricondotte al temuto influsso della Riforma sulle plebi friulane, altre parevano invece sorgere da un’ancestrale cultura contadina, tornata alla luce nelle crepe prodotte dalle coeve controversie sociali e teologiche ma ad esse finalmente estranea, poiché le sue radici affondavano in un’immemoriale preistoria sciamanica ben più che negli scritti di Lutero o di Melantone.

Il mugnaio spiegò agli increduli ecclesiastici che il libro della Genesi andava profondamente corretto. Il Caos primordiale – egli disse - aveva dato origine raggrumandosi all’universo, sinché dal caglio cosmico erano sortite la divinità e la sua corte angelica, così come ancor oggi i vermi compaiono per partenogenesi durante la putrefazione del formaggio. Di tale divinità ogni fede dà conto a suo modo (come Menocchio aveva letto nella parabola dei tre anelli del “Decamerone”), donde la varietà dei culti e delle usanze (di cui il mugnaio trovava conferma nei “Viaggi di Sir John Mandeville”). La natura di Cristo era quella d’ogni uomo, giacché siamo tutti dei allo stesso titolo, e la verginità di Maria era una fola per i bambini. Non esistendo il Purgatorio le messe di suffragio costituivano un lucroso inganno a beneficio del clero, come d’altronde tutti i sacramenti con l’eccezione dell’Eucarestia. Davanti a queste argomentazioni gli inquisitori non ebbero altra scelta che condannare Menocchio al carcere a vita. La condanna venne revocata nel 1584 per motivi di salute; tuttavia, relapso e cioè ricaduto nell’apostasia, il mugnaio venne infine bruciato nel 1599. L’umile rogo rurale che pose termine ai suoi giorni sarebbe rimasto oscurato dai fumi dell’esecuzione di Giordano Bruno in Campo de’ Fiori l’anno successivo se nel 1976 lo storico Carlo Ginzburg non avesse licenziato alle stampe il volume “Il formaggio e i vermi: il cosmo di un mugnaio del ‘500”, inquadrando la vicenda di Menocchio nell’ambito delle pratiche pagane sopravvissute nel Friuli cristiano, già riproposte all’attenzione degli studiosi nella sua ricerca sui benandanti (“I benandanti: stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento”, 1966).

Alberto Fasulo (anche sceneggiatore e responsabile della fotografia) ha preso le mosse dagli atti processuali e dagli stessi documenti esaminati da Ginzburg, conservati presso l’Archivio Arcivescovile di Udine, e intende dar seguito al proprio progetto con la pubblicazione di un saggio storico sull’argomento.  Il film è opera selezionata per il 71. Festival di Locarno e vincitrice dell’ultima edizione dell’Annecy Cinéma Italien. Menocchio, indicato come film della critica dal Sindacato Nazionale del Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), è una produzione italo-romena della società Nefertiti Film con Rai Cinema, alla quale hanno contribuito la Trentino Film Commission nonché la Film Commission e il Fondo per l’Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, co-prodotta da Hai Hui Entertainment e dal Centro Nazionale per la Cinematografia della Romania. Del regista sono anche Rumore Bianco, 2008; Tir, 2013; Genitori, 2015.

Giulio Bazzanella - Biblioteca della Provincia

14/11/2018