L'unico mezzo di opposizione all'avanzare del protestantesimo parve ai vescovi trentini essere una scuola severa, tenuta da religiosi fidati e capaci, da scegliersi tra gli ordini che erano fioriti, dopo il Concilio tridentino, come difesa e opposizione alle dottrine nuove.Tra i Teatini e i Somaschi, furono i Gesuiti della Compagnia di Gesù provenienti dalla provincia della Germania superiore, con sede a Monaco di Baviera, ad ottenere il favore dei trentini, ma il loro ingresso nella città non fu facile né veloce. Fu sottile ma costante la freddezza del vescovo Carlo Gaudenzio Madruzzo all'ingresso dei Gesuiti, per i problemi d'ordine tecnico che ciò comportava, e successivamente anche quella dei consoli e della cittadinanza, per il metodo severo nella trasmissione della cultura e per una certa rigidità di rapporti sia con i giovani sia con i pubblici amministratori, in senso inverso a quanto s'era verificato fino al secolo XVI. Difatti, se fino a tutto il 500 la scuola, pur nella grande incostanza della presenza, era stata affidata a maestri venuti dal settentrione o anche dal meridione d'Italia, a partire dal XVII secolo avviene un fenomeno inverso: la scuola non è soltanto affidata a religiosi tedeschi, ma segue anche i metodi e le impostazioni centro-europee, con un'ordinata e puntuale disciplina di studio ancora ignota agli studenti trentini. Dopo i primi entusiastici consensi, ciò produsse una diffusa insofferenza, quasi un rifiuto delle metodologie d'oltralpe e la fierezza se non la protervia dei trentini nel rivendicare l'autonomia dalla visione pedagogico-didattica dei pp. Gesuiti.Vi fu certamente difficoltà tra il mondo riservato, chiuso ad ogni novità, persino a quelle scolastiche, dei trentini di un tempo e la puntuale pedagogia dei gesuiti germanici. Non è qui possibile riassumere quali e quanti conflitti di interessi si intrecciavano tra la vecchia corporazione dei maestri di grammatica del tutto estromessi dalla potente e ben organizzata Compagnia di Gesù; tra gli altri ordini religiosi, ben 13, che erano già presenti in città e si sentivano minacciati nella partecipazione a lasciti e privilegi in favore del nuovo ordine, che aveva peraltro lodevoli finalità di attenzione all'educazione dei giovani; tra il prudente riserbo dei canonici del capitolo, minacciati dalle pretese' dei Gesuiti di edificare collegio e ginnasio in luoghi, quali S. Maria Maggiore e la Prepositura, un tempo di loro esclusiva proprietà; tra le autorità civili di Trento abituate nello stipulare i contratti con i maestri di un tempo, a considerare la scuola come un qualsiasi altro patto da cui si dovevano prevedere costi minimi, ma trarre alti ricavi; e da ultimo, tra la tradizionale protervia degli studenti abituati a più dolci maestri e non certo preparati alla teutonica disciplina. Si giunse persino a un ricorso dei consoli e provveditori trentini al preposito generale romano dei Gesuiti "col portargli doglianza delle cattive soddisfazioni che si incontrano giornalmente da questi padri todeschi" e chiedendo che "vogli permutar quelli in italiani, affinché questi si partino e venghino introdotti gli italiani". Cionondimeno il ginnasio dei Gesuiti funzionò a Trento per 150 anni, dal 1625 al 1773.