L'antifascismo

05/09/2014 Administrator User
Argomento
L'antifascismo
Testo

Le voci e le correnti di opposizione al regime vennero costrette alla clandestinità dopo i provvedimenti che, in nome dello stato totalitario, avevano posto tutti i partiti, tranne il fascista, fuori legge. I più decisi a mantenere in vita l'apparato organizzativo furono i comunisti, per quanto non numerosi nel paese. Si deve a costoro il tentativo effettuato nel 1926 di creare un fronte antifascista esteso a tutte le forze politiche, destinato subito al fallimento per l'intervento dell'apparato poliziesco. L'attività cospirativa di socialisti e comunisti (sotto queste voci vennero schedate fra i "sovversivi" rispettivamente 712 e 399 persone) era particolarmente temuta perché rientrante in un quadro che superava la provincia, e quindi maggiormente controllata come dimostrano gli arresti, i processi e le condanne del 1926-28, 1930-31, 1937-38 abbattuti sui comunisti. L'azione di costoro non sfociò in atti pubblici e clamorosi, del resto resi impossibili, ma nella diffusione della stampa antifascista, nella propaganda continua, nel mantenere vivi i rapporti con le cellule esterne al Trentino ed i contatti con il fronte comunista europeo.
Sciolta l'associazione "Italia libera" nel 1925, i suoi aderenti più attivi, in gran parte di estrazione repubblicana e socialista, fecero capo al gruppo Gigino Battisti - Giannantonio Manci, legato da rapporti costanti con l'antifascismo all'estero, che si distinse nell'organizzazione degli espatri clandestini con l'aiuto della guida alpina Tita Piaz. Questo gruppo, non consistente dal punto di vista numerico, poteva però contare sulla preparazione politica e culturale dei suoi affiliati, quasi tutti rappresentanti della borghesia progressista ed intellettuale, impegnati sul piano operativo ed in grado di elaborare coerenti programmi in vista della ricostruzione dello stato democratico. I liberali, dopo lo sfaldamento del partito, conobbero solo l'antifascismo legato ad alcune prestigiose figure intenzionate a non scendere a compromessi con il regime.
I popolari e gli aderenti all'associazionismo cattolico schedati come "sovversivi" non furono molti ma, dagli atti politici e di polizia, risultavano i più sospettati e temuti perché diffusi nell'intera società civile profondamente legata ai valori religiosi e pronta a seguire i suggerimenti della chiesa. L'opposizione cattolica agiva attraverso le parrocchie, gli oratori, le associazioni legate all'Azione cattolica, in quanto era sopravvissuto dei consorzi, delle cooperative e degli enti mutualistici, senza azioni provocatorie, creando una rete inafferrabile ma robusta che provocava il vuoto intorno al regime e dava luogo a una specie di "resistenza silenziosa". Le autorità fasciste imputavano questo stato di cose al vescovo, ai parroci, ai curatori d'anime e, con particolare acrimonia, al giornale "Vita trentina", diretto da don Delugan, che dal dicembre 1926 aveva sostituito "Il nuovo Trentino". Il tono glaciale tenuto dal periodico nei confronti del fascismo e la difesa dei valori avversati dal regime, sia pure compiuta in chiave religiosa, costituivano un argine all'invadenza della propaganda, soprattutto tenendo conto della capillare diffusione dell'organo di stampa.
Accanto all'antifascismo improntato a dottrine politiche o morali, esisteva tutta una zona dove il malcontento era confinato negli atteggiamenti di disagio o di isolamento, sfogandosi in mugugni, mormorii o barzellette, puntigliosamente registrati nei verbali d'incriminazione delle forze inquirenti. Il consenso di facciata, espresso nel corso degli anni trenta, non ingannava le autorità che ne coglievano la fragilità e i limiti. I trentini, infatti, non potevano perdonare al fascismo la distruzione delle strutture politico – amministrative nelle quali si era realizzata nel passato la loro libertà decisionale, né potevano piegarsi ad una concezione dello stato e della società estranea alla loro storia.
Una particolare opposizione si verificò nei paesi della zona mistilingue, aggregata alla provincia di Trento, dove serpeggiavano espressioni d'irredentismo tedesco e che, nel 1939, vedrà i suoi abitanti ammessi ad esercitare il diritto di opzione per la Germania. Il timore che Hitler, nonostante le reiterate assicurazioni sull'intangibilità del confine al Brennero, potesse sollevare la questione dell'Alto Adige, portò al pesante controllo ed a diversi provvedimenti contro gli "hitleriani", in palese contrasto con lo spirito della conclamata alleanza fra i due dittatori.

Da
1926
A
1945
Personaggi
Battisti Gigino , Manci Giannantonio , Piaz Tita , Delugan Giulio
Codice
48751
codici_personaggi_as_text
50697-50698-50699-50700
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