Nel febbraio 1873 al Parlamento di Vienna venne presentata la proposta di legge per l'elezione diretta della Camera dei deputati, al fine di privare le Diete del diritto alla nomina dei rappresentanti e ridimensionare in questo modo il loro potere, spesso esercitato contro il governo centrale e a danno della normale attività legislativa. Il progetto di riforma provocò un acceso scontro tra centralismo e federalismo, due indirizzi sull'ordinamento costituzionale dello stato con le correlative conseguenze sul piano legislativo ed amministrativo. In linea generale erano favorevoli al centralismo gli austrotedeschi, al federalismo quasi tutti gli altri gruppi etnici non tedeschi in difesa delle facoltà e prerogative dei singoli Länder che si volevano allargare fino alla semi-indipendenza. Dal punto di vista politico il centralismo era legato alla dottrina ed alla prassi del liberalismo, il federalismo nella sua maggioranza era di stampo conservatore con punte reazionarie ed aspirazioni quasi feudali.
Il dibattito sulla riforma elettorale venne compiuto dai liberali trentini con un confronto ad ampio respiro, non limitato ai problemi locali, ma aperto all'intero arco delle questioni riguardanti la monarchia asburgica ed il suo ammodernamento. Scipione Salvotti, in un opuscolo pubblicato a Milano, poneva l'accento sui pericoli del pangermanesimo di stampo prussiano, nati con la proclamazione del Reich tedesco nel gennaio 1871, e sul panslavismo appoggiato da Mosca che mettevano a repentaglio l'equilibrio europeo. In tale situazione lo stato asburgico, almeno provvisoriamente, andava mantenuto e rafforzato come ostacolo posto fra i due nazionalismi e, a questo fine, bisognava accettare le richieste dei Länder e puntare sul federalismo sorvolando, per motivi tattici, il suo carattere conservatore e clericale.
Vittorio de Riccabona, uno dei maggiori esponenti del liberalismo, uomo di vasta cultura e competenza anche economica, confutava le tesi del Salvotti nel lavoro La questione trentina, ritenendole svantaggiose sia per il Trentino che per l'Austria. Solo in un grande stato, capace di legiferare in base ai principi ispiratori delle libertà politiche e civili, poteva essere garantita la tutela dei diritti nazionali. Bisognava quindi accostarsi alla corrente centralista, di sicura fede costituzionale, e non lasciarsi irretire nei programmi dei federalisti, espressione di tendenze reazionarie che si rivelavano al massimo nella contea tirolese. La riforma elettorale, se entrata in porto, avrebbe inoltre permesso ai trentini di portare direttamente le loro istanze al Parlamento di Vienna, senza passare per la Dieta di Innsbruck. Le argomentazioni del Riccabona, che davano priorità allo sviluppo in senso liberale dello stato, convinsero l'Associazione nazionale-liberale che nell'assemblea del 4 maggio 1873 aderì alla tesi del centralismo.