Il Mulino Cuel a Folgaria
Il fascino del mulino ad acqua dei Pistori, costruito nella seconda metà dell’Ottocento in località Cueli per la macina del frumento e dell’orzo
Entrare e trovare tutto intatto, nello stesso modo in cui il nonno di Lucia e Leonarda Cuel lo ha lasciato nel 1956.
E' questo il fascino del mulino ad acqua dei Pistori, costruito nella seconda metà dell’Ottocento in località Cueli per la macina del frumento e dell’orzo. Al piano superiore esisteva un forno per cuocere il pane. Venne gestito dalla famiglia Cuel, che fino alla fine degli anni ’40 del Novecento fornì il pane agli abitanti del maso di Cueli-Liberi e di gran parte del Comune di Folgaria.
Funzionamento
Il Mulino dei Pistori presentava esternamente una ruota verticale: l'acqua del torrente arrivava da sopra e la faceva girare. La ruota, detta a "cassetta", sfruttava il peso dell'acqua, che cadeva sopra le pale (sagomate a cassetta). Questo tipo di ruota aveva un alto rendimento in quanto l'acqua non imprimeva solo il suo movimento, ma l'accompagnava anche per parte della sua circonferenza. Non richiedeva grandi quantità d'acqua, ma doveva essere disposta in linea con la direzione del flusso.
Girando, la ruota idraulica comunicava il moto circolare all'albero motore posto orizzontalmente. Per trasmettere il movimento al palmento mobile con asse verticale vi era inserito un meccanismo costituito da una corona con denti o cammi, posti ad intervalli regolari, che comunicava con un arnese girevole attorno ad un asse.
Questo mulino era dotato di due sistemi di macinazione e per ciò era provvisto di due differenti ruote motrici: la più grande era collegata al sistema di macinazione frumento – granoturco, mentre la minore al sistema di macinazione orzo.
Sistema di macinazione frumento - granoturco
All’interno del mulino c'era una cassa contenente le due macine: palmento fisso e palmento mobile. Sul palmento mobile posto superiormente, attraverso un foro centrale (bocca) cadeva il grano da macinare proveniente dalla tramoggia. Tra il palmento mobile e quello fisso vi era una distanza che veniva regolata dal mugnaio in base alla tipologia di farina che voleva ottenere (più o meno grossa). I chicchi risultavano così sgretolati e la farina, quando usciva dalle macine, veniva convogliata all’interno di un vaglio, comandato anch’esso dalla forza motrice dell’albero motore. In tal modo il prodotto macinato poteva essere separato in base alle dimensioni (fine, medio-grosso, grosso). Con questo sistema si macinava il frumento (farina bianca) e il granoturco (farina gialla).
Sistema di macinazione orzo
La macinazione dell’orzo si effettuava con un sistema differente: in un recipiente in pietra venivano collocati i chicchi in quantità notevole; due ruote, sempre in pietra, giravano al suo interno e, muovendosi in senso rotatorio, schiacciavano il prodotto. Quando i chicchi erano macinati a sufficienza e conforme alle esigenze, il mugnaio bloccava il sistema e con una paletta apposita chiamata “sessola” estraeva la farina, vagliandola successivamente con un sistema manuale.
Le farine dei Pistori
Nell'uso comune il termine farina serve ad indicare quella di grano e in particolar modo quella di grano tenero. Nel mulino dei Pistori si producevano vari tipi di farine: di frumento, di orzo, di segale, di grano saraceno e di granturco. I cereali tipo frumento, orzo, granoturco venivano trasportati al mulino per la macina dalla Pianura Veneta, mentre segale e grano saraceno erano prodotti anche nelle nostre zone montane. Prima carri, poi camion salivano la tortuosa strada della Val d’Astico fino a giungere a Carbonare, per portare poi i cereali a destinazione fino a Cueli. Le famiglie dell’Oltresommo di Folgaria erano solite acquistare il granturco in pianura, per farlo successivamente macinare al mulino dei Pistori e ricavarvi la farina da polenta. Anche i contadini della zona produttori di segale e grano saraceno portavano il proprio prodotto a macinare ed utilizzavano la farina ottenuta per cucinare pane, pinze e focacce.
La panificazione: dall’impasto alla degustazione del prodotto
I Pistori producevano pani di piccole dimensioni. In origine tutto il lavoro di impasto si faceva a mano, a partire dagli anni ‘30 del Novecento tramite un’impastatrice azionata dalla stessa ruota idraulica che faceva girare le macine. La formazione delle varie pezzature si fece sempre a mano. Le principali forme del pane erano quattro: la spaccata, il montasù, il gramolà e i panini dolci all’olio. La produzione delle prime due forme non comportava una lavorazione particolarmente complicata, mentre per il gramolà l’impasto doveva essere lavorato tramite la “gramola”, un attrezzo manuale utile per lavorare le fibre, impastare ed omogeneizzare la pasta di pane. I panini dolci erano i preferiti dai bambini. In occasione del Natale e della Prima Comunione, i Pistori producevano un dolce speciale: il Brazidel, pane dolce con uvetta spolverato con lo zucchero.
Per azionare il forno le donne della famiglia Cuel dovevano procurare la legna: annualmente preparavano nel bosco 3800 fasci (ramaglie), per poi trasportarle a casa con il prezioso aiuto dell’asino di loro proprietà. Il pane veniva cotto ad una temperatura variabile tra i 180° e i 250° gradi. Successivamente era necessario farlo raffreddare in un luogo asciutto, permettendo all’umidità che evaporava di lasciare fragrante la crosta. Così il pane era pronto per essere venduto e gustato.
per visitare il mulino contattare i seguenti numeri:
349 7153679 Lucia Cuel
338 3123344 Leonarda Cuel
testo di Martina Marzari