Soul Food
Materiale non Conforme
Teatro Periferico (Varese)
Soul Food
regia di Paola Manfredi
con Giorgio Branca e Dario Villa
Sarà la compagnia Teatro Periferico di Varese a chiudere la stagione di teatro civile Materiale Non Conforme organizzata dalla Compagnia Arditodesìo in collaborazione con il Teatro Portland. Lo spettacolo Soul Food con Dario Villa e Giorgio Branca diretti dalla regista Paola Manfredi andrà in scena al Teatro Portland di Trento Venerdì 3 Maggio alle 21.00.
Soul Food è un dialogo filosofico-esistenziale, una forma di rappresentazione teatrale centrata sulle parole, sui contenuti profondi e articolati di un discorso a due.
In unatmosfera da tunnel metropolitano, un incontro tra due uomini, due anime affamate: unanima oscura e unanima candida. Ma non è uno scontro tra il bene e il male, piuttosto tra due modi di intendere la vita: il primo è talmente mentale e cerebrale e incatenato a doppia mandata in un tunnel che non ha uno sbocco né in entrata, né in uscita, che vuol farla finita con la vita e guarda dallalto della sua superiorità intellettuale gli altri, i comuni mortali; laltro, che gli sta di fronte e gli offre cibo e cuore, tenta di parlargli di amore - amore per gli altri, amore per se stesso, amore per la vita - e cerca di insinuargli lidea che tutto sta in una frase sola che bisogna avere il coraggio di dire, anche se non è facile da accettare, perché significa sapere di essere dipendenti, sapere che non puoi salvarti da solo, accettare che tutti i tuoi affanni è da lì che originano, anche se non lo sai, anche se ti sembra folle, anche se ti senti immeritevole, anche se lo rifiuti, anche se lo neghi con tutte le tue forze, anche se scegli di non credere, anche se remi contro o neanche sai di remare.
Sulla scena gli attori Dario Villa e Giorgio Branca interpretano i due uomini. La regista Paola Manfredi, attorno a due comuni sedie, semplici oggetti quotidiani, fa muovere i due personaggi dintenso carattere e spessore emotivo. Soul Food è un lungo, intenso, bellissimo dialogo tra i due personaggi. Il primo, biondo e vagamente verdeoltremare, è vestito di bianco, ha un viso sicuro con almeno una decina di muscoli facciali in sovrappiù, il secondo, vestito di nero, è secco e irrequieto e porta gli occhiali.
Dodici quadri e dodici conversazioni, separate da un breve intervallo temporale; due sedie e due attori, separati da una diversa visione della vita.
La conversazione e tutto quello che succede quando ci si parla: i silenzi, le sospensioni, i fraintendimenti, il parlarsi sopra, lalzare la voce, lincalzare, le furbizie, il raccontare, lessere colti improvvisamente da un pensiero, deviare, dire una cosa ma volerne dire unaltra, il sottotesto, la velocità del pensiero che sopravanza quella della parola, le abbreviazioni, i salti, la scorrevolezza, la liquidità del parlato che va avanti, ritorna indietro, si ferma e si ripete in un incessante dialogo tra sordi. La regia è asciutta come il testo. Le luci e la scenografia minimaliste. La musica scabra come solo il blues sa essere.
Soul Food è un po musica, un po cibo per lanima. Alternando comicità e disperazione, i due personaggi rappresentano due visioni della vita. Un dibattito esistenziale in cui si mescolano Dostoevskij e Shakespeare.
organizzazione: Arditodesìo - Portland nuovi orizzonti teatrali