Celti, Reti e ... Romani
Risultati di recenti ricerche in ambito alpino centro-orientale
Giovedì 26 ottobre 2017, alle ore 20.30 presso l'Azienda Pubblica per i Servizi alla Persona "Santa Maria" di Cles avrà luogo la presentazione di due volumi frutto delle ricerche di dottorato di Rosa Roncador (Università di Bologna) e di Denis Francisci (Università di Padova).
I due volumi affrontano tematiche relative al territorio alpino centro-orientale tra il VI/V sec. a.C. e il III sec. d.C.: secoli in cui Reti, Celti e Romani interagirono lasciando tracce archeologiche di non sempre facile interpretazione. Un mosaico di popoli che costituiscono parte della nostra storia.
La serata è organizzata dall'associazione culturale Alteritas - Interazione tra i popoli. Sezione Trentino con il patrocinio del Comune di Cles e in collaborazione con l'Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i Beni culturali della Provincia autonoma di Trento e con l'Azienda Pubblica per i Servizi alla Persona "Santa Maria" di Cles.
Celti e Reti. Interazioni tra popoli durante la seconda età del Ferro in ambito alpino centro-orientale di Rosa Roncador.
Il volume presenta lo studio di alcune tipologie di oggetti tipo La Tène rinvenuti in ambito alpino centro-orientale ed è finalizzato a una migliore comprensione della complessa rete di rapporti instauratisi tra le popolazioni celtiche, stanziate non solo in territorio centro-europeo ma anche — a partire dal IV sec. a.C. — in ambito padano, e le popolazioni alpine, note dalle testimonianze degli autori greci e romani, con il nome di Reti. Mentre gli storici antichi propongono anche per questo territorio lo stereotipo secondo il quale, il popolamento di una regione si formava conseguentemente a una migrazione oppure in seguito alla cacciata delle popolazioni preesistenti, l’archeologia e l’epigrafia rivelano un quadro più complesso e articolato. L’analisi crono-tipologica degli elementi dell’armamento (spade, foderi, elementi del sistema di sospensione, umboni di scudo, elmi e cuspidi/puntali di lancia), degli oggetti di ornamento (fibule, collari, braccialetti, cinture e anelli), di produzioni artistiche (dischi, bronzetti, placchette e raffigurazioni su armi e oggetti d’ornamento), di vasellame ceramico e metallico (vasi, situle e ciste), di instrumenta (falci) e di monete ha evidenziato le profonde interazioni tra Celti e Reti avvenute sin dalla fine VI – inizi V sec. a.C. fino al processo di romanizzazione (II sec. a.C.). Se nel VI/V sec. a.C. la presenza di alcuni oggetti di alto rango (ad esempio fibule, situle di bronzo, placchette e bronzetti votivi) sembrerebbe testimoniare contatti tra i livelli più alti della società, a partire dal IV sec. a.C., si assiste alla diffusione più generalizzata di numerosi elementi dell’armamento da mettere in relazione con gli spostamenti di popolazioni noti come “migrazioni celtiche”. Questi contatti sfociano, a livello materiale, nella produzione, soprattutto per quanto riguarda gli oggetti d’ornamento, di prototipi locali ispirati a modelli lateniani che vengono però fortemente rielaborati. Si creano così modelli ibridi particolarmente diffusi nel corso del III sec. a.C. Con la graduale romanizzazione dei territori dell’Italia settentrionale, occupati in gran parte da tribù celtiche, si forma nel II sec. a.C., la cosiddetta “koiné gallo-romana” mentre a nord delle Alpi nasce la “civiltà degli oppida”: è con queste due entità che il mondo alpino centro-orientale interagisce fino alla sua completa assimilazione da parte dell’impero romano.
Locus Sepulturae. Il valore topografico delle evidenze funerarie in età romana: teoria, metodi e casi di studio dal Trentino-Alto Adige/Südtirol di Denis Francisci.
Nel mondo romano la collocazione dei siti sepolcrali era in stretta connessione con le altre componenti del paesaggio: situate fuori dagli abitati, allineate lungo le vie, dislocate ai bordi delle proprietà fondiarie, le sepolture costituivano dei marcatori indiretti dell’ubicazione di insediamenti, strade e confini. Di conseguenza, l’analisi topografica della loro posizione e la definizione “topologica” delle relazioni con gli altri elementi del paesaggio forniscono un formidabile strumento per comprendere la distribuzione e la tipologia degli abitati, la struttura e l’evoluzione della rete viaria, l’organizzazione agraria delle campagne. Spostando dunque l’attenzione dalla sepultura in senso stretto al locus sepulturae, questo lavoro si è posto l’obiettivo di sfruttare il potenziale topografico dell’evidenza funeraria utilizzandola come strumento diagnostico per ricostruire popolamento, viabilità e assetti agrari nell’attuale Trentino-Alto Adige tra I e III secolo d.C. Dopo due sezioni dedicate, l’una, alla disamina dei fondamenti teorici e metodologici relativi al valore topografico delle sepolture, l’altra all’analisi diacronica e distributiva di corredi, riti e strutture, il volume si articola in tre parti di tema più prettamente topografico: la prima esamina il rapporto tra sepolture e insediamenti, al fine di ricostruire modalità e dinamiche dell’abitare; la seconda verte sulla connessione tra sepolture e viabilità, delineando i percorsi e l’evoluzione nel tempo delle strade romane in Val di Non; la terza è incentrata sulla relazione tra sepolture e divisioni agrarie con l’obiettivo di verificare le ipotesi di centuriazione in Basso Sarca e in Oltradige. Il presente lavoro, lungi dal voler fornire risultati univoci e definitivi, si pone come punto di partenza per lo sviluppo di un metodo di ricerca topografica che, pur in una prospettiva multidisciplinare, abbia come fulcro l’evidenza funeraria e tutto il suo potenziale informativo.
20/10/2017