Corpi disarmati: sopravvivere alla guerra
Allestita a Palazzo Eccheli Baisi di Brentonico, la mostra riflette sulla dimensione esistenziale del combattente
La dimensione esistenziale del combattente della Grande Guerra colta nei suoi vari aspetti fisici ed emotivi: è questo in estrema sintesi il motivo conduttore della mostra Corpi disarmati: sopravvivere alla guerra, allestita a Palazzo Eccheli Baisi di Brentonico a partire dal 31 luglio 2015 e aperta fino al 30 giugno 2016. Un titolo che guarda all’esperienza dei tanti soldati travolti dal vortice della guerra, altrettanti individui colti e raccontati nei momenti di apparente ‹inattività›, fra uno scontro armato e l’altro, intenti a consumare un frugale pasto, a trovare conforto nella preghiera, a svagarsi o semplicemente a prendersi cura di sé, ma soprattutto sorpresi nel difficile percorso di riabilitazione fisica se vittime di un ferimento.
Una mostra di tale contenuto, va subito detto, è oggi possibile solo grazie a quella diversa sensibilità storiografica cresciuta negli ultimi decenni e che ha consentito non solo il recupero di una straordinaria mole di materiale documentario cosiddetto ‹minore›, quali diari, epistolari, cronache, memorie e archivi fotografici, ma anche un radicale cambio di prospettiva nell’analisi e comprensione di questo terribile evento d’inizio Novecento.
Un cammino di ricerca intrapreso, tra i primi, da quanti hanno dato vita al gruppo roveretano di Materiali di lavoro (Quinto Antonelli, Diego Leoni, Fabrizio Rasera, Camillo Zadra) e che restituisce una sorta di storia parallela tanto importante quanto quella cosiddetta ufficiale, più attenta alle dinamiche politico-diplomatiche e politico-militari, poiché utile a svelare il bagaglio di sofferenza comune ai milioni di combattenti che si sono affrontati sui diversi fronti europei.
Disarmati, nutriti, spronati, sospesi nell'attesa, feriti, sospesi nella speranza, maneggiati, riparati, umiliati e sopravvissuti: sono questi i titoli che segnano l’articolazione in sezioni della mostra che cercano di puntare l’attenzione dei visitatori sulle condizioni psico-fisiche del combattente senza alcuna insistenza sull'appartenenza a uno schieramento nazionale piuttosto che a un altro.
Un itinerario espositivo pensato e realizzato per mettere a nudo le storture e gli orrori della guerra, affidandone la narrazione a oggetti, ma soprattutto a immagini: gli uni messi a disposizione da istituzioni quali la Croce Rossa Austriaca e la Croce Rossa Italiana e da alcuni collezionisti privati – a testimonianza di quanto la memoria della Grande Guerra abbia esercitato e continui a esercitare una straordinaria influenza sulla percezione e la rappresentazione del secolo scorso –; le altre selezionate perlopiù fra il materiale confluito presso la Fondazione Museo storico del Trentino a seguito di donazioni e dei progetti di ricerca che si sono susseguiti nel corso degli anni.
Visitando la mostra si potrà dunque comprendere il senso più intimo della poesia di Gustav Heinse (1896-1971) «Epilogo: ad me ipsum» (Il monte in fiamme: ai morti del San Michele e di San Martino del Carso 1915/1916. A cura e traduzioni di Paola Maria Filippi. Ferrara: Kolibris, 2013: 48-49) posta a conclusione del percorso:
«Io appartengo
alla generazione dei ‹sopravvissuti›,
il cui cervello
è gravato dall'orrore, messo da parte a forza,
incapsulato in un guscio speciale,
che il sogno –
o nuovo orrore!
a volte sventrò.
Poi trabocca,
si allarga,
mi sopraffà… orrore, orrore, orrore.
Sii benedetta, o luce!
che mandi in frantumi il sogno».
Quale modo migliore per lanciare anche l’ipotizzata prosecuzione della mostra? Nel nuovo appuntamento (Corpi disarmati: ritornare a casa dalla guerra) si guarderà, infatti, ai tanti mutilati nel corpo e nella psiche, altrettanti sopravvissuti al terribile naufragio dell'umanità sulle secche del progresso, che fecero ritorno alle proprie case al termine della guerra ricercandovi una nuova quanto difficile ricollocazione.
Responsabile Area editoria e servizi Fondazione Museo storico del Trentino
03/08/2015