Dalle Dolomiti la fiemmeite
Un nuovo minerale scoperto in Val di Fiemme dai ricercatori del Muse
Una specie mineralogica finora sconosciuta alla scienza che prende il nome dalla località dove è stata rinvenuta, la Val di Fiemme in Trentino: è la fiemmeite, un nuovo tesoro scientifico scoperto dai ricercatori del MUSE. Il riconoscimento è di straordinaria rilevanza se si pensa che è da due secoli che - sulle Dolomiti - non avveniva la scoperta di una nuova specie di minerale.
“Fino a oggi, i minerali noti alla scienza sono poco più di 5.000 – spiega Paolo Ferretti del MUSE - non molti se paragonati alle specie viventi, che sembrano essere alcuni milioni. Trovare una specie mineralogica nuova è un evento molto più raro, dunque, rispetto a scoprire un nuovo essere vivente. Ad aggiungere eccezionalità a questo ritrovamento, infatti, è il fatto che la fiemmeite proviene da un territorio, come quello dolomitico, in assoluto tra i più studiati al mondo. È dal 1815 che sulle Dolomiti non veniva riconosciuto un nuovo minerale”.
Con l’identificazione della fiemmeite un ulteriore elemento di unicità - questa volta mineralogica - si aggiunge a quelli di carattere geologico, paleontologico, geomorfologico e paesaggistico, sui quali si fonda il riconoscimento delle Dolomiti quali Patrimonio mondiale dell’umanità. Il minerale, il suo prezioso ritrovamento e le sue caratteristiche, saranno presentati nel corso di una serata aperta al pubblico, venerdì 16 novembre alle 17.30 al Museo Geologico delle Dolomiti a Predazzo.
Il ritrovamento di nuovi minerali non può essere annoverato come una rarità assoluta – ogni anno in tutto il mondo vengono scoperti tra 100 e 200 nuove specie – ma è importante considerare che le Dolomiti sono oggetto dell’attenzione degli scienziati già dal ‘700. Era infatti il 1792 quando venne dedicata al geologo transalpino Deodat de Dolomieu la dolomite, minerale dal quale poi presero il nome le Dolomiti stesse. Ed è ben dal 1815, anno della scoperta della gehlenite presso il Lago delle Selle (Monti Monzoni, Val di Fassa), che sui cosiddetti “monti pallidi” non vengono ritrovati nuovi minerali, se si escludono quelli già noti ma ridefiniti in seguito a recenti revisioni sistematiche, quali pumpellyite-(Fe3+), cabasite-Ca e dachiardite-Na.
La scoperta e lo studio sono stati condotti dai ricercatori del MUSE Paolo Ferretti e Ivano Rocchetti, assieme ai colleghi dell’Università di Milano Francesco Demartin e Italo Campostrini, grazie alla guida attenta di un appassionato cercatore di minerali del posto, Stefano Dallabona (Gruppo Mineralogico Fassa e Fiemme). L’ufficializzazione è avvenuta da parte della commissione dell’IMA (International Mineralogical Association) che presiede alla nomenclatura e alla classificazione di nuovi minerali (CNMNC).
Ma cos’è e come si presenta la fiemmeite?
Caratterizzata all’occhio da minutissime lamelle di colore azzurro, è un minerale organico appartenente al gruppo degli ossalati, in questo caso un ossalato di rame idrato con formula chimica Cu2(C2O4)(OH)2•2H2O che cristallizza nel sistema monoclino. È molto rara e i pochi campioni non sacrificati per le analisi necessarie a determinare la nuova specie sono depositati presso le collezioni del MUSE e del Dipartimento di Chimica dell’UNIMI. La fiemmeite si trova all’interno dei tronchi carbonificati che abbondano nella parte basale dell’Arenaria di Val Gardena, una formazione sedimentaria che si è originata in un ambiente fluviale circa 260 milioni di anni fa, nel Permiano superiore. Un intervallo stratigrafico, quello tra Permiano e Triassico, già nel mirino dei geologi del MUSE e dell’Università di Innsbruck, oggetto di un progetto di ricerca che ha portato a risultati di rilievo internazionale nel campo della paleontologia.
Il sito del ritrovamento. La miniera di San Lugano nel comune di Carano
Utilizzato fino agli anni a cavallo tra le due guerre mondiali, allo stato attuale come unica evidenza del sito minerario rimane un pozzo franato e interamente occluso dai detriti. Pochi metri più in basso si trova invece l’ingresso franato della miniera. L’accesso era possibile fino a circa 30-40 anni fa e si sviluppava per pochi metri con una galleria ad andamento orizzontale intercettata da un pozzo che metteva in comunicazione questo livello con la superficie (probabilmente un fornello ricavato per l’areazione). Vi si estraevano minerali di rame (calcocite, tennantite, covellite) che sono concentrati all’interno dei legni carbonificati, qui particolarmente abbondanti.
Lo studio della fiemmeite
La scoperta della fiemmeite è il risultato più rilevante di un progetto di ricerca che vede impegnato da alcuni anni il MUSE nello studio dei siti di interesse mineralogico e archeo-minerario del Trentino-Alto Adige. Analizzando i campioni raccolti presso la Miniera di San Lugano con il SEM-EDS in dotazione al MUSE e con lo spettrometro Raman di un collaboratore (Ivano Rocchetti) immediatamente ci si è imbattuti in alcuni minerali con caratteristiche che non avevano riscontro con le specie mineralogiche fino ad allora conosciute. Gli approfondimenti tramite analisi diffrattometriche condotte al Dipartimento di Chimica dell’Università di Milano da Francesco Demartin e Italo Campostrini hanno permesso di determinare la struttura di questi minerali, che si sono rivelati appartenere al gruppo degli ossalati. A San Lugano ne sono presenti tre, tutti ossalati di rame: la middlebackite (scoperta solo nel 2016 in Australia), la moolooite e la fiemmeite, una novità assoluta a livello mondiale che ha permesso agli scopritori di dedicare il nome della specie alla Val di Fiemme. Allo stato attuale la fiemmeite non si trova in nessun altra località al mondo e la Miniera di San Lugano è considerata la sua località tipo. Data la presenza di questi rari ossalati il giacimento di San Lugano costituisce una singolarità geologica a livello mondiale.
Lo studio di questa località è solamente la tappa iniziale di uno studio che si confida possa fornire preziose informazioni sugli ambienti del passato.
Il percorso che ha portato alla scoperta della fiemmeite nasce da una virtuosa collaborazione tra il mondo degli appassionati di mineralogia e gli istituti di ricerca (musei scientifici e università).
La presentazione:
Il nuovo minerale, la storia del suo ritrovamento e studio e le sue particolarità saranno presentati venerdì 16 novembre al Museo geologico delle Dolomiti a Predazzo.
Saranno presenti:
Paolo Ferretti, geologo (MUSE)
Stefano Dallabona, collezionista e ricercatore di minerali (Gruppo Mineralogico Fassa e Fiemme)
Ivano Rocchetti, fisico (collaboratore esterno MUSE)
Francesco Demartin e Italo Campostrini, ricercatori (Dipartimento di Chimica Università di Milano)
Ingresso libero
(fonte: Ufficio stampa Muse)
12/11/2018