"Il dialetto inForma"

Cagne, cagnare, cagnèri, cagnoni: una polisemia di significati dalla stessa radice

“Cagna” è un sostantivo che esiste sia in italiano che in dialetto, a indicare il cane-femmina.

Ma in dialetto - nei dialetti trentini - questo termine assume vari significati:  soprattutto in Val Giudicarie  indica un attrezzo a forma di morsa, dotato di anello, usato per ribaltare i tronchi abbattuti. Nell’anello si infila il “zapin” per fare leva. E ancora: si chiama così anche il cavalletto con morsa centrale usato per fabbricare le gerle. E, ad esempio in val di Cembra, si chiama così la tenaglia da idraulico; e sempre nella stessa valle “cagna” è chiamato il grillotalpa.

Viene indicato in questo modo anche il servizio militare. E infine , un po’ in tutti i dialetti trentini “cagna “ sta per gran fatica. “Ho fat na cagna che no te digo a finir quel mistér!”

Come mai così tante cose diverse definite con lo stesso termine? A mio avviso queste parole hanno tutte una  base comune a indicare lo sforzo, la fatica; e derivano dall’immagine della femmina del cane che con gran fatica e pena riesce a partorire e sfamare i suoi tanti cuccioli.

E così, i vari strumenti che prendono il nome di “cagna” sono tutti strumenti faticosi. E il grillotalpa? Forse perché è un insetto che riesce a procurarsi il  cibo solo scavando con fatica.

Per restare in Val Giudicarie, (ma le parole in dialetto non hanno mai confini precisi, le puoi trovare in quel dialetto ma anche altrove, “scampade fòr”, e raramente puoi stabilire dove sono nate ) esiste la parola “cagnèr” nel significato di canile. E indica anche il tavolaccio ricoperto di paglia o fieno che serviva da letto nelle malghe o nelle “ca’ de mont”, più adatto ai cani che agli uomini.

In dialetto però assume anche un altro significato, ovvero quello di bagatella, cosa di poco conto. “L’ho pagada na cagnara!” si dice di una cosa acquistata a prezzo stracciato.

Chiudiamo con il termine “cagnón” che significa grosso cane. Ma, figurativamente, sta a indicare un pezzo grosso, un potente. Una volta l’ho usato in poesia  (non ho notizia  di altri) in una delle mie poesie della “Cantada dei emigranti” (da cui è stato ricavato lo spettacolo omonimo del Gruppo  “Neruda”, tenuto in cartellone per oltre dieci anni). A un gruppo di emigrati trentini arriva in visita “en cagnón” che saluta gli emigrati dicendo “dovete rappresentare qui l’onore del Trentino!” E qualcuno di loro replica con un colorito quanto perentorio “ma che el vaga al casino!”.

                          

Renzo Francescotti - Poeta e scrittore, fondatore del Gruppo Pablo Neruda. Autore, tra l'altro de "Il dialetto inForma"

27/02/2015