La città utopica.Dalla metropoli futurista all’EUR42
Antonio Sant’Elia, Tullio Crali, Quirino De Giorgio, Angiolo Mazzoni, Adalberto Libera: a Casa d'arte futurista Depero entra l'utopia
Nell'ambito della mostra che sarà inaugurata oggi 29 aprile alle 18 a Casa d'arte futurista Depero, Pola Pettenella ci porta a conoscere l'estetica di uno dei protagonisti: Angiolo Mazzoni.
"È lecito parlare di un Mazzoni utopico? -esordisce -
È pretestuoso associare un simile concetto alla sua architettura, cercando aspetti ideali o astratti nell’attività di un personaggio che per un quarto di secolo ha indossato gli abiti del funzionario statale, realizzando decine di importanti edifici pubblici sparsi in tutta Italia?
Per certi versi, saremmo obbligati a saltare a piè pari gli anni trascorsi da architetto e ingegnere del Ministero delle comunicazioni, inseguendo tracce di irrealtà e di sogno in tanti disegni giovanili carichi degli influssi della Wagnerschule, o in certi progetti non realizzati del periodo colombiano. Eppure fra Angiolo Mazzoni (Bologna, 1894 - Roma, 1979) e la parola “utopia” esistono più punti di tangenza, intrecciati in gran parte all’avventura futurista, e appartenenti dunque a pieno titolo al Ventennio fra le due guerre. L’utopia realizzata “In questo edificio noi ammirammo specialmente le grandi alte grate semicilindriche di difesa contro le zanzare malariche”. Così Filippo Tommaso Marinetti in Ritmo eroico, rievocazione giornalistica dell’inaugurazione di Littoria - avvenuta il 18 dicembre 1932 - a proposito della nuovissima Ricevitoria postelegrafonica di Angiolo Mazzoni, che assume nell’insieme un posto di tutto rilievo come architettura futurista.
Le zanzariere mazzoniane sono paragonate agli ascensori di Sant’Elia e Mazzoni viene catapultato nell’orbita del movimento d’avanguardia, che di lì a poco abbraccerà sua sponte, per diversi motivi più volte indagati, che spaziano dall’opportunismo all’idealità. Dal momento della sua adesione al futurismo nella primavera del 1933 Mazzoni punta a definirsi come l’artefice di una utopia realizzata: Sant’Elia o Chiattone non hanno potuto costruire nulla, a lui spetta tradurre in pratica, dare forma concreta all’architettura futurista .
Questa immagine è ampiamente appoggiata da Marinetti, che sottolinea volta per volta alcuni tratti peculiari dell’opera mazzoniana, mettendo in luce ciò che può ricollegarsi ai principi del manifesto del 1914. Così utilizza le Poste di Littoria per affermare: “Vince dovunque la concezione del grande rimpianto architetto futurista Sant’Elia, che primo fra tutti intuì la città futura con la sua varietà policroma di belle sagome aeree e con la sua vasta organizzazione di piani stradali digradanti, ponti, passerelle e fasci di ascensori” . I contenuti degli interventi marinettiani virano progressivamente verso l’esaltazione di quel primato italiano, di cui l’architetto comasco viene considerato capostipite; mentre Mazzoni diventa - negli intenti del capo del futurismo - capofila di un rinnovamento del linguaggio architettonico .
Realizzare una “sensibilità rinnovata” è peraltro la missione che sembrano prefiggersi i rappresentanti del movimento all’inizio degli anni Trenta, quando esprimono ciò che li differenzia dalla prima generazione futurista: “tra i primi futuristi e noi la differenza è enorme: mentre quelli […] erano i primitivi di una nuova sensibilità, noi siamo i realizzatori di una sensibilità rinnovata”5 . Libertà inventiva La stagione ufficiale di Mazzoni tra le fila dei futuristi non è lunga, ma è comunque connotata da posizioni significative, quali la condirezione di uno dei principali organi di stampa del movimento, il periodico titolato non a caso “Sant’Elia” e successivamente “Artecrazia”. Proprio in quel torno di tempo l’architetto può realizzare alcuni edifici importanti, spesso presi ad esempio di modernità, fra cui spiccano - accanto a quella di Littoria - la Ricevitoria postelegrafonica di Sabaudia e la Centrale termica di Santa Maria Novella".
29/04/2016