storie senza Storia. Tracce di uomini in guerra (1914-1918)

Nel centenario della conclusione della Prima guerra mondiale sono esposti al pubblico i materiali restituiti dai ghiacciai del fronte trentino.

Cima-Cavento-Vedretta-di-Fumo-la-zona-del-rinvenimento-dei-resti-di-Rodolfo-Beretta [ Ufficio stampa PAT]

Dal 14 luglio (inaugurazione il 13 alle 18.00) al 6 gennaio 2019, Cappella Vantini di Palazzo Thun, Trento, via delle Orne 1, da martedì a domenica ore 9.30-13 / 14-18, ingresso libero. Mostra realizzata dalla Soprintendenza per i beni culturali - Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento e dal Comune di Trento

Recuperare correttamente i resti dei soldati caduti durante la Prima guerra mondiale è un dovere morale che l’Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento ha assunto negli ultimi anni, anche a seguito dei drammatici cambiamenti climatici che hanno mutato il volto dei nostri ghiacciai. Tra il 2007 e il 2017 l’Ufficio ha effettuato numerosi interventi in accordo e in collaborazione con le istituzioni competenti, il Commissariato Generale per le onoranze ai caduti del Ministero della Difesa italiano, la Österreichisches Schwarzes Kreuz Kriegsgräberfürsorge e l’Arma dei Carabinieri.

Nell’agosto del 2012 è stato possibile recuperare a 3000 m sul ghiacciaio del Presena i resti di due soldati appartenenti all’esercito austroungarico, calati insieme all’interno di un crepaccio, quasi in un ultimo abbraccio fraterno. Sono riemersi dopo 100 anni, nascosti in quello che sembrava un mucchio di stracci, a pochi passi dagli impianti di risalita. Quando una pioggia di shrapnel li aveva fulminati probabilmente non avevano neppure 18 anni. Le loro uniformi portavano i segni degli affilatissimi pugnali dei nemici: tagli verticali, netti, precisi, senza slabbrature, che erano serviti per asportare tutto quello che avevano nelle tasche. Forse proprio per questo motivo ai due ragazzi non è rimasto nulla di personale, se non un cucchiaio infilato nelle fasce mollettiere.

Nel 2016 e nel 2017 sono stati recuperati nel gruppo dell’Adamello i corpi di due soldati italiani, due alpini. Il primo indossava ancora l’uniforme, aveva il passamontagna calato sul viso e portava al dito un anello artigianale; del filo telefonico era annodato sull’addome. Nulla che consentisse di rivelarne l’identità. Anzi, solo l’evidenza di un gesto terribile che quella identità aveva rubato per sempre: dei buchi circolari irregolari presenti sulla giacca e sul gilet, ottenuti con strumenti rudimentali, stavano a testimoniare l’asportazione dell’astuccio in lamierino metallico che conteneva la tessera militare con i dati personali del soldato. I residui di ossidazione sulla canottiera ne disegnavano ancora la forma quadrangolare.

Il secondo soldato italiano è stato trovato a neppure 100 m dal suo commilitone. Indossava ancora gli scarponi ma della sua uniforme erano rimasti solo brandelli della giacca e del gilet. Aveva anche lui del filo telefonico attorcigliato attorno al corpo, un alpenstock, un passamontagna e un berretto calati sugli occhi, alcuni oggetti personali: un anellino, una penna fatta con dei bossoli, una pipa, un pettine. L’astuccio metallico che conteneva la tessera militare era irrecuperabile. Durante l’indagine sul corpo è stato individuato all’interno della giacca un astuccio di tela che conteneva numerosi elementi cartacei piuttosto compromessi. Sulla superficie di uno di questi è apparso, sotto il ghiaccio trasparente come vetro, un timbro postale rotondo nel quale si riconosceva la scritta MILANO. In seguito, la pulizia e il restauro accurati hanno permesso di riconoscere una ricevuta di spedizione postale, un certificato di visita medica, frammenti di cartoline postali, resti di un santino e probabilmente di una fotografia. Su alcuni di questi documenti ricorre, sbiadito dal tempo, uno stesso nome e cognome. A seguito di un lungo lavoro di verifica è stato possibile ridare l’identità all’alpino e conoscere il suo destino: BERETTA RODOLFO di Paolo, soldato del 5° Reggimento Alpini, Battaglione Val d’Intelvi, 244a Compagnia, nato il 13 maggio 1886 a Besana in Brianza, distretto militare di Monza, morto l’8 novembre 1916 alle ore due e trenta primi “perché travolto da valanga di neve mentre era comandato al trasporto dei viveri dal Passo Lares al Passo Cavento (Adamello)”.

La raccolta incontrollata dei resti dei soldati della Grande Guerra, non condotta con metodo archeologico, può causare la perdita definitiva dell’identità dei caduti. L’archeologia ha invece riportato alla luce vite disciolte dalla Storia e le ha restituite alla memoria. Erano materia informe, brandelli di esistenze, resti di un’umanità devastata, reliquie moderne, corpi disturbanti di antichi nemici. Ma si può fare storia anche con gli scarti della storia: “Alla memoria dei senza nome è consacrata la costruzione storica” (Walter Benjamin).

Franco Nicolis - direttore Ufficio beni archeologici, Soprintendenza per i beni culturali
parte di: Lavori in corso

13/07/2018